Turchia, ponte tra Oriente e Occidente. Dove le radici cristiane rimangono indelebili
La testimonianza del domenicano Claudio Monge, in prima linea nel dialogo interreligioso a Istanbul
La Caritas di Roma ripropone, per l’anno 2016-2017, la serie di incontri sulle esperienze ed i percorsi in materia di: pace, diritti umani, ambiente e solidarietà internazionale. Il primo appuntamento si è svolto il 10 novembre, alla Cittadella della Carità – Santa Giacinta, e ha visto la partecipazione di padre Claudio Monge, responsabile del Centro domenicano per il dialogo interreligioso e culturale di Istanbul, che ha affrontato il tema della crisi turca.
Focus Medio Oriente: visioni di guerra, testimoni di pace è stato il primo del ciclo di appuntamenti previsti dal programma Focus Medio Oriente 2016-2017. L’evento, moderato dalla giornalista Francesca Baldini di Radiopiù, è stato dedicato ai racconti ed alle testimonianze di uomini e donne che ogni giorno, in situazioni complesse, sperimentano la difficoltà di costruire dei sentieri di pace. Da qui deriva la scelta di puntare sulla narrazione, poiché il dialogo e l’incontro sono strade maestre per costruire dei ponti solidi tra uomini e culture diverse, che conducano a dei sentieri di pace.
Padre Claudio Monge ha analizzato la crisi turca sulla base dei suoi studi e delle sue esperienze. Egli vive stabilmente ad Istanbul da tredici anni, dove è responsabile di un piccolo Centro Studi, DoSt-i (Dominicians Study Istanbul), e da un ventennio frequenta anche altri paesi a maggioranza islamica. Inoltre, nel 2014, è stato nominato da papa Francesco, consultore del Consiglio Pontificio per il Dialogo Interreligioso. Gli anni vissuti in Turchia hanno consentito al sacerdote domenicano di avere una visione concreta del paese, lontana da quella proposta da molti mass media occidentali.
Secondo la sua esperienza, “i cristiani residenti in Turchia rappresentano una minoranza e la Chiesa turca soffre la mancanza di un proprio statuto, nonostante siano trascorsi novant’anni dalla proclamazione della repubblica turca”. Questa situazione non aiuta il processo di integrazione fra cristiani e musulmani e crea una situazione di stallo, che si ripercuote sulla società.
La crisi turca è diversa da quella che stanno vivendo i paesi dell’Europa occidentale e padre Claudio ha cercato di descriverne le cause ed i rimedi. Egli, sulla base della propria esperienza diretta, ha dichiarato: “Gli occidentali hanno una certa idea della crisi e la vedono come un fenomeno di passaggio. La crisi turca, invece, è permanente”. Tuttavia, egli ha aggiunto: “Il futuro del paese lo immagino come un presente possibile perché può essere il frutto delle minoranze profetiche, che includono anche i cristiani. Soltanto esse possono rovesciare il primato della merce e dei profitti a favore di quello internazionale”.
Il mantenimento dello status quo, secondo il sacerdote domenicano, è l’espressione di “uno zoccolo duro della società, costituito dalle classi conservatrici, le quali sono convinte che si può sopravvivere soltanto nel mondo attuale e non credono che si possa vivere in modo differente”. All’origine della crisi turca vi è anche il mancato ingresso del paese nell’Unione Europea, che ha impedito alla società di entrare in contatto con la propria identità storica e culturale. Alla base della decisione degli stati membri europei, secondo padre Claudio, “c’è un problema di fondo: oggi, i turchi sono identificati con i musulmani, nonostante le loro radici occidentali”.
La Turchia rimane una terra di confine tra Oriente ed Occidente, un ponte tra culture e religioni diverse, apparentemente lontane. La posizione geografica, la storia e la cultura collocano lo stato all’interno del vecchio continente ed implicano la necessità di un dialogo costante fra cattolici e musulmani. A tale proposito, padre Claudio ha dichiarato: “La condivisione delle esperienze di fede tra cristiani ed islamici è possibile grazie alla passione comune per la salvezza dell’umanità”. L’evento si è concluso con una riflessione sull’importanza di riscoprire la sacralità dell’uomo per costruire dei ponti di pace e di dialogo interreligioso, indispensabili per il presente e il futuro delle religioni.
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